Il Museo Archeologico di Carife e della Baronia mostra che dal VI secolo a.C. i popoli indigeni hanno recepito l’uso sacrale del simposio greco quale segno distintivo dell’importanza del defunto, come si comprende dagli oggetti, di fattura locale ma di influenza greca. Sono stati recuperati dai corredi funerari ceramiche di produzione locali di ispirazione daunia, oggetti imitanti forme greche (oinochoai, crateri, skyphoi), ceramica in bucchero (tecnica etrusco/campana) e ceramiche di produzione campana.
I corredi della necropoli Località Serra di Marco di Castel Baronia sono l’inizio di una nuova cultura, propriamente detta sannita, data dalla fusione dell’influenza adriatica (in particolare daunia) mista a elementi provenienti dall’Etruria e dalla Magna Grecia. Le Tombe 89 e 90, del IV secolo a.C., sono il nucleo principale dello spazio dedicato alla necropoli di Piano la Sala (Carife): le due sepolture avevano un ricco corredo, mostrando la ricchezza e la cultura dalla classe aristocratica di questo territorio. Della tomba 89 il cratere italiota a figure rosse, con raffigurazione di un corteo dionisiaco, e il candelabro in bronzo, che ha come cimasa un bronzetto di meravigliosa fattura, raffigurante un satiro che sacrifica un capretto, indicano come la ritualità dionisiaca entrata a pieno titolo nella civiltà sannita.
La necropoli dell’Addolorata (Carife), visitabile, poiché nei pressi del museo, conferma che il territorio godeva di un certo benessere nel IV secolo a.C., con una classe aristocratica che usò le tombe a camera e corredi con oggetti preziosi, dalle collane in ambra alle fibulae in argento fino al disco in avorio, forse una fusaiola da telaio rituale, oltre che i tipici cinturoni in bronzo.
Chiude la visita una campionario di reperti romani provenienti da una grande villa con fornaci, per la produzione di terracotte architettoniche, rinvenuta in località Tierzi (Carife): da qui una matrice ceramica di un volto di splendida fattura. La villa con il suo impianto di produzione mostra che il territorio si trasformò nel mondo romano in un’area di produzione artigianale e di ville rustiche, dove famiglie anche di una certa importanza vivevano e vi seppellivano, così come attestato le stele funerarie esposte. Una rinvenuta in località Aia di Cappitella è di Marcus Mevius, l’altra rinvenuta a Serra di Marco della famiglia dei Patulacii.
[Flavio Castaldo]